69.mo ANNIVERSARIO DELLA MORTE DEL VENERABILE MONS. ANTONINO CELONA

Ritorna, ogni anno, gradita al cuore e  ristoro per  l’anima, la data del 15 ottobre in cui la Famiglia Riparatrice ricorda il dies natalis, il giorno della nascita al Cielo, del Fondatore, il Venerabile Mons, Antonino Celona che, in questo 2021,  è commemorato con una solenne concelebrazione in cui si  innestano  due eventi particolari, ispirati dall’azione apostolica e magistrale  di Papa Francesco ed esattamente, all’inizio della celebrazione,  la benedizione di una statua di S. Giuseppe nell’anno che Sua Santità ha voluto dedicargli nel 150.mo anniversario della dichiarazione del Santo quale Patrono della Chiesa Universale e,  alla fine della celebrazione stessa,  un’ora di adorazione per impetrare l’azione dello Spirito Santo sul Sinodo che lo stesso Papa Bergoglio ha indetto, perché la Chiesa, ponendosi in ascolto delle fatiche, dei drammi del mondo, possa trovare e sperimentare nel suo Santissimo Nome, strade nuove per essere  “presenza di Cristo nella storia”,   tra le complesse realtà dell’intera umanità. Si respira aria di festa… 

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Insieme alle intrepide e tenaci Ancelle, provenienti dalle varie Case della Città,  a fare da  arricchente corona a tutto, nel consueto ed avvolgente lindore del Tempio di Gesù Sacramentato, contribuiscono,  a loro modo complementari: le luci sfavillanti, le  eleganti composizioni floreali, gli armoniosi canti dei giovani dell’Agemac   e il gioco di colori delle sciarpette- distintivi  dei vari  gruppi laicali annessi  alla Congregazione: il rosso delle  Ausiliarie della Riparazione, il giallo  delle Sentinelle di Corte, il celeste degli Amici di Suor Alfonsa e, per completare l’appello degli appartenenti alla Famiglia, non manca  la presenza discreta e sempre costante  delle Piccole Ancelle Riparatrici. Tutto è stato  preparato e tutti siamo stati  convocati per la solenne celebrazione  eucaristica presieduta dal Vescovo Ausiliare Mons. Cesare Di Pietro e concelebrata da P. Tonino Bono, P. Matteo Culletta,  P. Filippo Incardona,  P. Gimmi ofm , Cappellano della Casa Madre, insieme a loro sul presbiterio, intorno all’altare, operano per il  servizio liturgico, gli  impeccabili  Ministranti  del Tempio. Dopo i saluti e i ringraziamenti da parte della Madre Generale Suor Chiara Adamo, come primo atto in programma, viene scoperta e benedetta la statua di S. Giuseppe e poi si procede con la celebrazione della Santa Messa. Giunti all’omelia, poiché ad orientarla ci sono più eventi e motivazioni , come l’imminente apertura del Sinodo, e, soprattutto, più personaggi: S. Giuseppe, del quale  è stata benedetta la statua, S Teresa d’Avila come santa del giorno, il Venerabile Antonino Celona del quale si ricorda l’anniversario della morte, Mons. Di Pietro  evita, come Lui stesso ci manifesta, il rischio di un’omelia manieristica e affollata  con un sapiente  ed intelligente escamotage: si chiede e ci chiede: cosa può accomunare queste tre figure così lontane tra loro nel tempo e nello spazio? La risposta?

Semplicissima! La santità! Una santità che scaturisce per tutti e tre dall’adesione perfetta alla volontà di Dio al Quale hanno lasciato la libertà di sconvolgere la loro vita… Il primo, umile carpentiere di Nazareth, scelto dai piani misteriosi dell’Altissimo per diventare il padre di un  Figlio speciale, il Figlio divino, Dio Lui stesso, è stato posto a capo della Sacra Famiglia e senza recriminare, ha accettato tutte le fatiche e le ansie ed anche le gioie  inerente a questo compito speciale; la seconda, animata da una forte aspirazione missionaria, finisce col diventare, invece, riformatrice di una istituzione monastica di stretta clausura: il Carmelo; mentre il terzo, aspirante candidato ad un sacerdozio impegnato, secondo la tradizione, a servizio delle anime, si trovò a fondare e a gestire una  struttura  ben più grande di una Parrocchia, diversamente articolata e ramificata: l’Opera di Riparazione che, tutt’oggi,  nonostante le difficoltà del momento,  pur con forze insufficienti ai bisogni, continua a far fronte  alle  esigenze e carenze, soprattutto spirituali,  della società odierna, non “meno malata a morte” di quella degli inizi del 900, quando  il Carisma è stata ispirato ed ha preso forma.  La Santità senza rumore, quella del sì quotidiano, quella della persona della porta accanto, diventa,  così, la consegna d’obbligo per quanti, a diverso titolo, facenti parte o meno della Famiglia, sono presenti alla concelebrazione. In tempo di profonda crisi di fede e di  valori, la Santità diventa l’unico passaporto perché nella nostra testimonianza di fede possiamo essere credibili  per offrire al mondo la speranza che viene dal  Vangelo. Abbiamo bisogno di una rinnovata Pentecoste, è necessario che lo Spirito Santo soffi sulla Chiesa e , suggerendo percorsi e linguaggi nuovi, ne rinnovi il volto, per questo Papa Francesco ha indetto il Sinodo, per questo abbiamo pregato alla fine della Celebrazione, presentando a Gesù Eucaristia,  solennemente esposto, con la nostra  adorazione le domande, gli affanni, le speranze di ogni Chiesa, di ogni popolo e nazione. Con tutta la Chiesa, ognuno di noi buon Samaritano tra le complesse realtà dell’intera umanità è chiamato a porsi in ascolto del mondo, delle sfide e dei cambiamenti che ci mette davanti…, noi, anime riparatrici, in questa missione  ci siamo dentro fino al collo   perché, come afferma il Fondatore, “la Riparazione ha un campo vasto quanto il mondo” (cfr lett. 331 )                                                                                                

 Nuccia Fucile